Da amante dei cozy games, ovvero quei giochi dal tono rilassato e rilassante, non potevo astenermi dal provare “Creatures of Ava”, un nuovo titolo action-adventure di 11 bit studios che mi ha colpito fin da subito per il suo mood tenero e almeno in apparenza scanzonato.
Già fin dai trailer di presentazione e dalla demo, pubblicati qualche tempo fa, traspariva infatti tutta l’atmosfera serena e placida di un gioco che punta a immergerci in un mondo colorato, dai toni pastello e pieno di personaggi ma soprattutto creature dalle fattezze a dir poco dolcissime. Se dal punto di vista estetico e di concept il titolo potrebbe rimandare vagamente a videogiochi come Slime Rancher e Palworld, almeno nelle intenzioni Creatures of Ava risulta essere molto più corretto e meno aggressivo, soprattutto se comparato all’opera di Pocket Pair.
Infatti, per farla breve, siamo al cospetto di un cosiddetto titolo del filone creature-saver, ovvero un videogioco in cui il nostro obiettivo è quello di salvare le creature del mondo, piuttosto che malmenarle o comunque combatterle. Attenzione, però, perché questo non vuol dire che manchino i combattimenti: il punto è che non si può parlare di vere e proprie lotte, ma bensì di processi di purificazione delle creature infette da uno strano morbo. Iniziamo quindi dal principio e scopriamo insieme tutto ciò che c’è da sapere su Creatures of Ava.
L’inizio.
Affrontiamo subito un punto critico: il gioco è tradotto in diverse lingue, ma purtroppo non in italiano. Questo potrebbe essere in effetti un problema per molti, considerando l’importanza della narrativa per immergersi completamente nelle atmosfere del pianeta Ava. Nel caso questo non rappresenti un inconveniente, il gioco ha davvero molto da offrire, soprattutto se, come me, siete amanti del genere.
Fatta questa premessa, Creatures of Ava si apre con una sequenza animata ben realizzata volta a fornire un background del passato della nostra protagonista Victoria o Vic, per poi catapultarci nel presente e scoprire che ci siamo schiantati con la nostra capsula spaziale (praticamente una navicella saiyan di Dragon Ball) su un pianeta alieno. Ed ecco che muoveremo da lì a poco i nostri primi passi su Ava, il nostro nuovo mondo.
La nostra prima missione sarà ristabilire il collegamento radio con Tabitha, nostra amica e collega. Il gioco non tarderà quindi ad introdurci alcune delle prime meccaniche, interfacce e strumenti, nonché ovviamente le primissime creature di Ava, che potremo per il momento soltanto fotografare. In queste primissime fasi viene introdotta addirittura anche una meccanica stealth, che tuttavia non ho utilizzato più di tanto anche dopo diverse ore di gioco.
Ben presto, comunque, faremo la conoscenza di Nim’ar, uno degli autoctoni del luogo nonché storico di Ava, e scopriremo che il pianeta è afflitto da un morbo che sta contagiando le sue creature, rendendole così aggressive. Grazie alla scoperta del Nafitar, un’antica reliquia Naam a forma di bastone, avremo il potere di debellare l’infezione e risanare così Ava e le sue creature. Passiamo ora ad esaminare più da vicino le meccaniche di gioco con uno sguardo alla sua favolosa ambientazione.
Gameplay, lore e ambientazione.
Il Nafitar sarà solo uno degli strumenti a nostra disposizione da utilizzare e potenziare grazie un albero delle abilità del personaggio. La sua funzione principale, come abbiamo detto, è quella di purificare le creature o determinati percorsi dall’infezione, che risulterebbero altrimenti inaccessibili. Quando ci imbatteremo in una creatura infetta, potremo infatti bersagliarla con il potere dello scettro che ne consumerà gradualmente l’infezione, e nel frattempo dovremo evitare al meglio gli attacchi del “nemico” schivando o saltando in giro.
Un altro strumento molto interessante a nostra disposizione è poi una sorta di flauto, che sbloccheremo a un certo punto e che ci permetterà di addomesticare le varie creature riproducendo la melodia che esse stesse canticchiano. Una volta fatto, esse ci seguiranno dappertutto fintanto che continueremo a suonare, e potremo condurle a mo’ di pifferaio magico in degli specifici spot per teletrasportarle sulla nostra astronave in orbita, che fungerà quindi da “arca” con lo scopo di salvarle.
È qui che la cosa diventa però abbastanza contraddittoria: i Naam, ovvero gli indigeni locali che mal sopportano gli umani, ci rivelano a un certo punto che il loro pianeta e le sue creature non hanno bisogno di essere salvati. Il “withering”, ovvero il morbo, è parte dell’ecosistema del pianeta ed inoltre, grazie ai poteri del Nafitar, abbiamo modo di liberare la natura dalla sua influenza. Per questo motivo, la domanda che si porrà il giocatore all’inizio è: qual è il nostro vero ruolo in questo mondo, e soprattutto, perché stiamo a conti fatti rapendo gli animali, portandoli via dal loro pianeta contro la loro volontà?
È questo che rende la storia molto intrigante, oltre a un’ambientazione davvero deliziosa e a una lore che va districandosi man mano che parliamo con i diversi NPC sparsi nel mondo di gioco. Quest’ultimo, tra l’altro, conta quattro differenti biomi che ospitano oltre venti tipologie di creature diverse, con le quali potremo in un certo senso effettuare varie azioni per completare specifici obiettivi, come fotografarle nello stato naturale o quello infetto, oppure abbracciarle o ancora trasportarne un certo numero sull’arca. Altri elementi di gameplay comprendono il crafting, che ci permetterà di collezionare perlopiù fiori e piante per convertirli in oggetti di cura ed altro, e la possibilità, tramite il già citato flauto, di controllare direttamente le varie creature per risolvere dei puzzle ambientali grazie alle loro specifiche ed uniche abilità.
Comparto tecnico e sonoro.
Al netto di qualche incertezza tecnica qua e là, e della goffaggine in alcuni dei movimenti della nostra alter ego nel mondo di gioco, il titolo riesce a restituire un feeling complessivo piacevole, complice anche una grafica gradevolissima ed i modelli dei vari personaggi e creature davvero ben riusciti.
La colonna sonora è piacevole ed azzeccata, anche se a tratti un pizzico anonima. Considerando che siamo pur sempre dinanzi a una produzione indie, tuttavia, il lavoro svolto dal team di sviluppo è più che lodevole, e finora sicuramente e decisamente apprezzabile nella sua totalità.
Conclusioni.
Anche dopo diverse ore di gioco, Creatures of Ava risulta divertente ed intrigante, e sebbene l’interazione con le creature mi sia sembrata talvolta un po’ ripetitiva, soprattutto quando si tratta di condurle all’astronave o in pratica di collezionarle, non posso che promuovere di buon grado l’opera di 11 bit studios.
La narrativa, l’atmosfera, il design delle creature e dei personaggi, nonché il senso di immersione nel mondo di Ava, valgono senza dubbio il prezzo del biglietto di questo viaggio in apparenza rilassante e spensierato, che nasconde però una storia tutta da scoprire e che non mancherà di farvi versare anche qualche lacrima.